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La serenita’ guida con te.

Sai mamma, un giorno le auto saranno guidate dai satelliti..” diceva un giovanissimo Alberto Roccatano alla madre (incredula), secondo quanto raccontava egli stesso durante la conferenza del 19 maggio scorso a Battaglia Terme. Non so se ripeterà l’aneddoto anche il 16 novembre, quando sarà presente alla fiera di Padova per presentare la sua inchiesta Dalle stragi del 1992 a Mario Monti, ma le sue parole mi sono tornate in mente di recente, assistendo a quanto capitato ad una mia amica di vecchia data, che per l’occasione ribattezzerò Sonia.

Fonte immagine: http://fastdrivinggirls.altervista.org/

Ebbene, qualche settimana fa, Sonia si è vista arrivare in casa un oggetto a prima vista… extraterrestre. No, non un oggetto volante non identificato od un micro-velivolo spaziale con a bordo qualche piccolo essere delle fattezze della creatura di Atacama, ma una mini scatola nera per la sua automobile. L’accessorio, che Sonia non aveva richiesto, è giunto inaspettatamente in compagnia dell’assicuratore di fiducia, che gliel’ha proposto in funzione di uno sconto del 10% sulla sua polizza assicurativa. “Faremo tutto il possibile per venirle incontro” le aveva infatti assicurato l’assicuratore (scusate il gioco di parole, ma cosa può fare un assicuratore se non assicurare, cioè fornire presunte certezze?), per evitare l’aumento della polizza in seguito ad un tamponamento. Nessuna ammaccatura, nessun ferito, forse nemmeno uno striscio, ma prestare l’auto ai figli a volte è ‘pericoloso’, soprattutto quando sfiorano l’auto di chi vuole a tutti i costi, anche in assenza di danni, compilare la constatazione amichevole (giacché non si sa mai che si riesca a recuperare qualcosa truffando l’assicurazione). Fatto sta che Sonia non era stata avvertita del prezzo dello sconto, ma forse non aveva capito che nel Mondo economico, dove la gratuità non esiste, tutto ha un prezzo. “Con questo strumento potrà essere rintracciabile in ogni luogo” – le diceva, mostrandole i cavi con cui agganciare l’aggeggio alla batteria dell’auto – “potrà essere soccorsa e raggiunta in caso di incidente o malore e si potranno verificare in ogni istante la velocità e l’accelerazione della sua auto, per valutare esattamente le dinamiche dei sinistri” (giacché, nel Mondo economico, ci sono sempre sinistri, a cui presentare piccoli e parziali rimedi). La faccia di lui era radiante, come ispirato da una fonte superiore, mentre raccontava i suoi due anni di convivenza con Supereasy, che lo accompagna in ogni spostamento automobilistico. Una compagnia che però a Sonia non piacerebbe, conoscendola, neanche se fosse maschile. “Una volta mi sono fermato a lato di una strada per 10 minuti con l’auto accesa e… mi hanno subito telefonato per chiedermi se mi serviva un carroattrezzi” continua, estasiato, mentre Sonia sta per svenire.
Eh, già, perché oltre al coito interrotto di molti maschi, questo significa controllo totale e monitoraggio pressoché continuo del veicolo, possibile grazie ad un chip RFID (ossia che invia e risponde a segnali in radio-frequenza) contenuto nella black box. Un controllo a distanza che sarà la norma per tutte le auto prodotte a partire dal 2015, in base al decreto sulle liberalizzazioni varato dal governo Monti il 25 gennaio 2012, da estendersi successivamente al restante parco auto nazionale (sempre ammesso che ci sarà ancora qualcuno ad utilizzarla, l’auto, in quella data). Chissà quanto saranno contenti gli automobilisti, quando le autorità potranno identificare un’infrazione di velocità in tempo reale, risparmiando i costi dei dispositivi di rilevamento stradale e del personale in uniforme. Ma già oggi gli autoveicoli prodotti negli ultimi anni sono dotati del sistema di rintracciabilità RFID.

Michael Hastings

Un esempio del loro utilizzo potrebbe riguardare, tristemente, la vicenda di Michael Hastings, raccontata da Tony Gosling su Russia Today. Giornalista investigativo statunitense, Hastings era candidato al premio Pullitzer e la sua inchiesta The runaway general (pubblicata su Rolling Stone del 9 luglio 2010) aveva causato la rimozione dell’allora capo delle forze NATO in Afghanistan, Stanley McChrystal (sostituito poi da David Paetrus). Secondo la moglie, Elise Jordon, Hastings in questi ultimi mesi stava indagando sulla nuova “guerra alla stampa” di John Brennan, nuovo direttore della CIA. Riporta Gosling:

Facendo eco allo scandalo Watergate, Hastings ha espresso la sua convinzione secondo la quale la CIA, con o senza autorizzazione, abbia iniziato a usare sofisticate tecniche militari di guerra psicologica contro i giornalisti e politici della nazione.

Cosa spingesse Hastings a queste considerazioni al momento non ci è noto, perché ha terminato la sua incarnazione il 18 giugno di quest’anno, all’età di 33 anni. La modalità della dipartita la spiega ancora Russia Today:

è morto tra le fiamme nelle prime ore del mattino di martedì 18 giugno 2013 a Los Angeles mentre guidava una Mercedes del 2013. La notte della sua morte era andato a trovare la sua amica, Jordana Thigpen, per chiederle di prestargli la sua Volvo, poiché credeva che la sua Mercedes C250 fosse stata manomessa.
Anche l’ex coordinatore statunitense per la sicurezza, la protezione delle infrastrutture e il terrorismo, Richard Clarke, ha avuto delle considerazioni nel dire che un tale incidente stradale era coerente con un attacco informatico all’auto. Si crede che, come gli infarti, questi incidenti ai freni a Boston siano i preferiti dal crimine organizzato e dai servizi di intelligence, dal momento che sono così facili da spacciare come “incidenti sfortunati”. 
Il nostro sistema giudiziario, la polizia e i nostri giornalisti investigativi non sono capaci di capire la tecnologia complessa, sensibile all’andamento del commercio, per non parlare della raccolta di prove, sufficienti da poter decidere se questi eventi disastrosi siano incidenti…o assassini.

Solo sospetti ed ipotesi di complotto, diranno alcuni, e magari può essere così.
Ma siamo sicuri che il sistema computerizzato di un veicolo non possa essere realmente utilizzato da terzi in questo modo? Una risposta a questa domanda ce la fornisce l’esperienza raccontata da Andy Greenberg su Forbes (nota rivista complottista che farebbe venir la pelle d’oca a Nexus), che ha vissuto sulla sua pelle il tentativo (pienamente riuscito) di hackerare il sistema computerizzato della Toyota Prius di cui era alla guida. Un esperimento, che è stato condotto da Charlie Miller e Chris Valsek, esperti informatici e hacker professionisti, proprio mentre erano seduti sui sedili posteriori del veicolo (del 2010) guidato da Greenberg, e che ha fatto vincere ai due gli 80mila dollari messi in palio dalla DARPA per chi fosse riuscito a compromettere il sistema informatico di guida di un autoveicolo per guidarlo a distanza. L’esperienza descritta dal giornalista di Forbes non è stata piacevole: il sistema GPS compromesso, le cinture che si ristringevano da sole, mentre i freni e persino il clackson funzionavano autonomamente, sul cruscotto l’indicatore di velocità ed il contachilometri andavano in tilt ed il servosterzo non rispondeva più ai comandi…
Ma tutto è finito bene, in fin dei conti si trattava di un gioco condotto dai due pirati informatici seduti dietro al guidatore, però… se si volesse sabotare a distanza l’auto altrui mentre questi la sta guidando, come la signora Hastings sospetta sia accaduto al marito? E come forse può essere successo a Jorge Haider, l’11 ottobre di cinque anni fa (vedi questo articolo scritto all’epoca da Tom Bosco)?
L’esperimento di Miller e Chris è stato possibile grazie al sistema Safety Connect di Toyota, con il quale tutti i veicoli di nuova generazione prodotti dalla casa giapponese sono sempre collegati in remoto. Ma lo stesso vale per Remote Link utilizzato dal sistema On Star della General Motors o per SYNC della Ford, che permette addirittura di segnalare un guasto, un malore o qualsiasi emergenza tramite un comando vocale: la versione più tecnologica di un angelo custode, viene definito sul sito dell’azienda statunitense.

Il controllo tramite la connessione remota si estende definitivamente quindi anche alle automobili, oltre che ai gadget informatici, ai telefoni cellulari, ai videogiochi (come la nuova Xbox One, addirittura dotata di una tecnologia di riconoscimento visivo attiva 24/24) e alle case automatizzate (smart houses), dove non devi più far la ‘fatica’ di alzare una persiana o trovare il riscaldamento spento dopo una giornata intera di lavoro (Padron Mercato ci tiene ai suoi schiavi, perbacco!). Si realizza così il sogno di Google di automobili che si guidano da sole… o meglio, guidate dai satelliti… come aveva previsto il piccolo Alberto (precisiamo che Google ha anche proposto microchip tatuabili sulla pelle umana come strumento identificativo e attualmente si sta prodigando per la diffusione dell’Internet senza fili in Africa). “Meno il conducente è coinvolto, più alta è la possibilità di riuscita delle interferenze esterne”, spiega a Forbes Thilo Koswoski, analista della Gartner, società che offre consulenze tecnologiche alle aziende produttrici. Viene da chiedersi, allora, se il problema non si presenterà anche per automobili d’avanguardia come la Tesla (a cui abbiamo dedicato la copertina dell’ultimo PuntoZero), dove persino la riparazione del veicolo può essere eseguita in remoto tramite la rete.

Alla luce di quanto sopra, si comprenderà come lo scandalo sollevato dalle rivelazioni di Edward Snowden, utilissimo a smascherare il vero volto del potere agli occhi dell’opinione pubblica, risulti la punta di un iceberg rispetto alla Matrix in cui viviamo. Il problema, infatti, non è soltanto la privatezza dei nostri dati e la violazione possibile della nostra intimità, ma soprattutto l’utilizzo dei sistemi tecnologici come arma contro le persone stesse, a loro insaputa.
Chi legge Nexus sin dall’inizio forse ricorderà un articolo pubblicato sulla nostra rivista ancora nel ‘lontano’ 1996, in cui si presentavano le prove utilizzate dal cittadino statunitense John St. Clair Akwei per una causa civile contro la NSA (eppure all’epoca il Guardian ed il New York Times esistevano già). Ciò che ne emerge è l’utilizzo dei mezzi tecnologici in un modo impensabile per l’uomo medio, ai fini di un controllo capillare sulla vita degli individui, messo in atto appositamente per evitare che qualche pollo all’interno del recinto si accorga di essere tale e tenti di operare per porre fine alla propria ed altrui schiavitù. St. Clair Akwei scrive esplicitamente di singoli cittadini occasionalmente soggetti a sorveglianza da parte di personale indipendente della NSA (vi ricordate i sospetti di Hastings?). Infatti:

Il personale della NSA può controllare le vite di centinaia di migliaia di cittadini negli USA, facendo uso della rete di spionaggio interno e delle attività di copertura. Le operazioni condotte in modo indipendente da queste persone possono talvolta oltrepassare i limiti della legge, ed è possibile che si verifichi un controllo ed un sabotaggio a lungo termine di decine di migliaia di ignari cittadini. Il DOMINT [Domestic Intelligence, ndr] della NSA ha la capacità di assassinare di nascosto cittadini americani, nonché di condurre operazioni di controllo psicologico occulto per fare in modo che ad un soggetto venga diagnosticata una malattia mentale.

Lo stesso intento può, a maggior ragione, esprimersi attraverso tecnologie di utilizzo comune, come si è visto per le automobili. Infatti, come se non bastassero i programmi-spia presenti su tutti gli elaboratori (computer per i non italofoni) che utilizzino un sistema operativo proprietario (in particolare Windows), in grado di comunicare dati al produttore senza la connessione ad Internet, l’ormai famosa NSA sembrerebbe avere anche la possibilità concreta di interferire direttamente con lo strumento utilizzato. Infatti, la rete di sorveglianza dell’agenzia per la sicurezza statunitense…

si basa su dei congegni a composizione cellulare che possono controllare l’intero spettro EMF [cioè delle frequenze elettromagnetiche, ndr]; questo equipaggiamento è stato sviluppato, attuato e tenuto segreto nello stesso modo in cui lo sono stati altri programmi elettronici a scopi bellici.

Addirittura, scopriamo che la NSA è in grado di interferire a distanza con i singoli elaboratori informatici attraverso il programma di Spionaggio dei Segnali (SIGINT) da questi emessi, senza il collegamento ad Internet. La National Security Agency

tiene sotto controllo tutti i PC ed altri computer venduti negli USA, e questo costituisce parte integrante della Rete di Spionaggio Interno. Le attrezzature EMF della NSA si possono sintonizzare sulle emissioni RF (radiofrequenze) derivanti dai circuiti elettronici dei personal computer (scartando nel contempo le emissioni dei monitor e degli impianti elettrici); le emissioni RF dei circuiti dei PC contengono informazioni digitali presenti nel computer stesso e le onde RF codificate dalle apparecchiature della NSA possono mandare in risonanza i circuiti dei PC, ed in questo modo sostituirvi i dati. Così la NSA può ottenere accesso senza cavi sullo stile dei modem, in tutti i computer del paese, per la sorveglianza o per l’elettronica militare anti-terrorismo.

Ciò prefigurava, ancora diciott’anni fa, la possibilità di modificare od eliminare il contenuto di documenti presenti nei vostri elaboratori, senza nemmeno che siate connessi alla rete.
Oggi questo sistema di controllo orwelliano viene giustificato con la ‘necessaria’ lotta al ‘terrorismo’, ma all’epoca si era ancora lontani dal clima post-11 Settembre e dal Patriot Act. Lo stesso Dipartimento della Giustizia USA, in un documento rilasciato il 9 agosto e menzionato dal Fatto Quotidiano del 12 agosto, afferma che il controllo della NSA e delle altre agenzie di intelligence riguarda

ampi volumi di dati in circostanze in cui è necessario farlo per identificare un numero di informazioni molto più ristretto.

Spiare tutti, quindi, per poter individuare tra i metadati forniti quelli veramente rilevanti.
Ma qual è, allora, il genere di informazioni che, in numero più ristretto, è assolutamente necessario monitorare? Secondo l’amministrazione Obama, si tratta di informazioni che compromettono la sicurezza nazionale (da notare che anche la violazione del diritto d’autore è considerato un atto ‘terroristico’ negli States), come se i presunti terroristi comunicassero tra loro attraverso i mezzi informatici. E se invece i nemici della nazione fossero coloro che stanno eseguendo ricerche ‘scomode’, utili a svelare il funzionamento della Matrix? Se, ad esempio, l’attività di un giornalista in odore di indipendenza intellettuale e capacità professionale fosse monitorata a distanza dall’intelligence statunitense (e non solo), fino a giungere ad incidenti sospetti come quello subito da Hastings? In tal caso, le parole del Dipartimento di Giustizia USA sembrano quasi una confessione.

Ma forse, la vera domanda da porsi dovrebbe essere: cosa ci spinge a continuare ad alimentare questa Matrix? Sonia alla fine ha scelto di non lasciarsi sedurre dall’offerta di un risparmio di denaro in cambio della propria libertà (e non solo). E anche se il motto di Supereasy è “la serenità guida con te”, la mia amica ha scelto una serenità come condizione interiore, che dipende unicamente dall’individuo e solo all’interno di esso può essere coltivata e fatta fiorire, anziché una serenità fittizia, concepita come assenza (temporanea) di preoccupazioni esterne. Una serenità apparente che in realtà si configura, in questo Mondo economico, come sottomissione totale ad Ahrimane e ai servitori del suo volere. Firmiamo una limitazione alla nostra libertà in cambio di una (apparente) convenienza monetaria nell’immediato, facciamo incidenti perché distratti dai mille impegni e preoccupazioni, siamo di fretta perché il tempo è denaro e per averlo dobbiamo lavorare, ma anche pagare le tasse… e così milioni di persone, su una scatola di latta (più o meno confortevole, più o meno tecnologica od esteticamente appagante) si riversano sulle strade, in fila per ottenere da Padron Mercato il riconoscimento monetario che permetta loro di sopravvivere… e allora giù colate di cemento, strade, autostrade, tangenziali, sopraelevate, svincoli, perché non si sa mai che possa rimanere ancora terra disponibile quando gli umani si accorgeranno di non poter mangiare il denaro… il denaro, il denaro e ancora il denaro, le nostre stesse vite si sono trasformate in denaro, un segno positivo o negativo su un estratto conto bancario, niente più e niente meno, e se fallisci sei finito, smarrito, suicidato (Chi muore in Matrix muore anche nel mondo reale, si dice nell’omonimo film del 1999). E pensare che il 98% di questo denaro è immateriale. A che pro, allora, dannarsi per esso, al punto da anteporlo alla nostra stessa Vita?
Proprio l’immaterialità stessa dello strumento di pagamento dovrebbe invece ricordarci la sua natura e funzione, cioè uno strumento, non un fine, o meglio “un mezzo per ottenere quelle comodità che ci rendono piacevole questa avventura che è la vita, non certo l’obiettivo delle nostre esistenze. Io la povertà l’ho conosciuta e l’ho vista, ma i più poveri che ho conosciuto sono quelli così poveri che hanno soltanto i soldi”. Parole del deputato Alessandro Di Battista (M5s) pronunciate alla Camera il 3 ottobre scorso.
Affinché il denaro torni però ad essere l’unità di misura della ricchezza è necessario considerarlo tale dentro di noi, quando ci rapportiamo ad esso. E da questa intima propensione, potranno sorgere proposte sociali in grado di trasmutare la Matrix stessa in una realtà totalmente diversa, dove gli umani possano imparare sin da bambini a vivere ed esprimere la Vita anziché inseguirla.

 

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Il Super-Stato canaglia senza freni

…Riporto qui un pezzo di Uriel Fanelli: uno che una volta o due s’è occupato di me per darmi del nazifascista genocida di ebrei, ma non gliene voglio; ha un angolo cieco nell’anima. Adesso sfido i suoi insulti perché questa sua rivelazione è di essenziale importanza e ciascuno deve prenderne coscienza – possibilmente i politici, se ce n’è ancora qualcuno. Leggete e poi, sotto, il mio commento. (MB)

Il gratis che uccide
di Uriel Fanelli

Forse molti di voi si sono accorti di un atteggiamento allarmato da parte mia. Non tanto per PRISM, quanto per tutte le sue implicazioni. Ho motivo per allarmarmi? Essenzialmente si. Si tratta di dialoghi estemporanei che ho con persone che non sono -grandissimi- manager, ma sono pur sempre dei product owners, gente che manda avanti singoli “prodotti”. Per intenderci, “google maps” è un “prodotto” e dentro Google ha un “product owner” , un manager che lo gestisce.
Nella mia posizione , parlo coi product owners di applicativi che usano il nostro plesso per comunicare, circa 370. Cosi’, quando ci scappa la cena per il lancio di un prodotto , o di una nuova versione, mi capita di avere dei dialoghi interessanti. E allarmanti.
La settimana scorsa, per dire, parlavo con il product owner di un prodotto che verra’ lanciato, che è un sistema di billing. Si, usare il cellulare come carta di credito e bancomat. E’ un progettone grande, con due dozzine di vendor coinvolti, e ancora piu’ tenants che vogliono aprire canali di vendita. Hanno circa 60 , solo tecnici, per l’integrazione, piu’ tutta la parte di progetto, sviluppo, project management. Un progettone da 200 FTE per due anni, nel mondo telco, si nota.
Si parlava, per via del mio lavoro, di forecast di traffico, ovvero di quanti utenti, quanto uso, eccetera. Mi serve per dimensionare il nostro sistema. Il dialogo e’ stato circa questo:

Uriel: Allora, avete dei forecast di traffico?
PO: si, sappiamo che , se lanciamo prima di Natale, avremo tot e tot di traffico.
Uriel: beh, e’ una bella partenza. Avete idea di come possa sviluppare dopo?
PO: non facciamo piu’ proiezioni, come una volta, per via degli Over The Top.
Uriel: cioe’?
PO: prendi per esempio il progetto <anti theft> , quello per cancellare i cellulari rubati o per localizzarli. Quelli che abbiamo fatto insieme a <grande casa di sicurezza>. Appena Google ha visto che noi ed altri facevamo soldi , hanno fatto la stessa cosa GRATIS. E arriva di default su OGNI android.GRATIS
Uriel: ma che senso ha per Google dare gratis qualcosa con cui si fanno soldi?
PO: ha il senso di sbatterci fuori dal mercato.
Uriel: ma sbattendo fuori dal mercato i concorrenti non fai cash flow. Non ti entrano soldi. Come finanziano questi progetti?
PO: quando google annuncia il suo prodotto, il “mercato” in borsa lo premia sempre con un fiume di soldi. Un fiume senza senso.
Uriel: e quando lo annunciate voi?
PO: non ci capiamo. A comprare le azioni di google con qualsiasi scusa buona, anche se annunciano una nuova receptionist bionda nella sede centrale, e’ la FED. Stampano soldi e li buttano cosi’. Noi abbiamo solo il normale mercato finanziario.
Uriel: ah. Ma cosi’ come fate coi nuovi prodotti?
PO: non ci saranno nuovi prodotti consumer dopo questo. Noi, e quasi tutte le telco, stiamo uscendo dal mondo del VAS consumer. Questo, per noi, e’ l’ultimo.
PO2: e non dimenticare che gli americani sono molto interessati a dati sulle transazioni finanziarie. Appena Google fara’ il suo prodotto uguale al nostro, il governo gli paghera’ uno, due miliardi di dollari all’anno per avere i dati. Potranno offrirlo GRATIS e SENZA alcun costo o commissione.

Adesso ce l’ho chiaro: compagnie come twitter, che hanno ricevuto prestiti da UN MILIARDO DI DOLLARI senza neanche avere un business model, (1) offrono gratis servizi che a chi sta su un mercato normale, ove le cose costano, costano.
Tante telco hanno provato ad introdurre servizi di microblogging, ma nessuna aveva dietro prestiti da UN MILIARDO DI DOLLARI, e quindi non poteva competere.
Andiamo a seconda discussione con PO, questa volta e’ una delle tante case automobilistiche che, come da direttiva UE, dovranno installare una microsim in OGNI auto , per chiamate di emergenza e crash reaction. Uriel, come al solito, ha bisogno di una previsione del traffico.

Uriel: allora, che forecast avrete? So che volete entrare nel mercato gia’ prima del 2015….
PO: vero. Copriremo subito tutti i nuovi modelli, e tra OTA per l’abilitazione e blablabla <dettagli tecnici inutili qui> il nostro traffico sara’ tot. Con lo SLA tot. E availability tot.
Uriel: fischia. E come cresce fino al 2015?
PO: fino al duemilaquindici ci sara’ questo rampup, con un ovvio picco quando si trattera’ di installare le scatoline sulle auto, come obbligo.
Uriel: pero’ . Ok. Per curiosita’, avete delle simulazioni anche per dopo il 2015?
PO: non facciamo piu’ questo tipo di simulazioni, cosi’ a lungo termine. Non sappiamo nemmeno se ci saremo ancora.
Uriel: ok, so benissimo che nessuno prevede il mercato cosi’ a lungo. Mi chiedevo solo se aveste almeno a spanne un’idea.
PO: no, davvero. Non sappiamo davvero se ci saremo ancora.
Uriel: eh? Mi sembra un pochino difficile che qualcuno vi scalzi…
PO: per niente. Potrebbero dare le auto gratis.
Uriel: eh?
PO: hai presente quando compri una stampante? Paghi 20 euro una stampante, e poi loro si rifanno sulle cartucce. Sul materiale di consumo.
Uriel: ah. E vogliono farlo con le auto?
PO: si. Con quelle elettrica. La <casa di auto elettriche USA> sta prendendo contatti con banche, per un finanziamento enorme. Produrra’ auto che daranno GRATIS, e si rifaranno sulla batteria e sulle altre parti di consumo , tipo i pneumatici, o altro.
Uriel: ma a parte la batteria….
PO: mica tanto. Il motore elettrico puo’ anche stare dentro la ruota stessa, e allora la ruota andra’ mandata in manutenzione: sai, gli urti, l’acqua, lo sfasamento: ogni tanto dovrai fargli manutenzione, se vuoi quattro ruote che girino all’unisono. Anche quelle saranno beni di consumo. Come la batteria.
Uriel: e perche’ non lo fate anche voi? Avete anche voi le auto elettriche.
PO: perche’ per dare un’auto gratis a tutti, e recuperare i costi in dieci anni, servirebbero 20-30 miliardi di euro: occorre prima farle, ‘ste auto. Poi col tempo si va a break even. Ma se ci presentiamo a chiedere 30 miliardi di euro a dieci anni, i mercati ci ridono in faccia.
Uriel: e a <casa di auto elettriche USA> non ridono in faccia?
PO: no, perche’ loro si presentano a banche che fanno venture capital, che poi producono bond, che poi il governo (la FED) gli compra in contanti, stampando soldi.
Uriel: e non c’e’ modo di avere soldi qui in Europa, per qualcosa del genere?
PO: tra noi, e <grande casa tedesca di automobili> servirebbero 200 miliardi di euro per fare una cosa simile. Stiamo parlando di una cosa tipo “da domani si regalano auto”, capisci? Tutto il mercato cancellato. E poi occorre costruire la filiera e la distribuzione e l’item management delle parti.
Uriel: quindi non scherzavate?
PO: no, sul serio. Potremmo anche non esserci piu’. Non hai notato un certo calo nello sviluppo di nuovi modelli?

Ora, quando cominciano a farvi dei discorsi del genere, iniziate a chiedervi che diavolo stia succedendo. Perche’ se abbiamo ,2,4,6,8,10, sappiamo bene che poi seguiranno 12,14,16…. e sappiamo che divergeremo verso infinito.
Ma come diverge un trend simile? Semplice: diverge con la cancellazione di qualsiasi industria europea. QUALSIASI COSA facciate, sinche’ la fed stampa soldi, potranno darvela GRATIS.
Oh, non e’ un gratis davvero gratis. E’ come la stampante che vi costa 20 euro e poi ogni cartuccia ne costa 40.
Ma il punto e’ che questo modello “tutto gratis, e il ROI arrivera’”, nel caso di industria manufatturiera, ha costi iniziali MOSTRUOSI. Che solo una banca centrale che stampi dei soldi a iosa puo’ sostenere.

Fonte immagine: pacsteam.org

È ovvio che questa situazione non puo’ reggere a lungo. Prima o poi, qualche crollo eclatante svegliera’ i politici che ancora non hanno capito il problema, ed i governi, ed i popoli, che ancora non hanno realizzato che il GRATIS uccide.
Sarete felicissimi di avere il vostro cellulare gratis , e di avere anche l’abbonamento gratis. Meno felici sarete perche’ ad offrirvelo saranno Google e Facebook, che si rifinanzieranno vendendo i vostri dati ad NSA. E sarete ancora meno felici quando , siccome TUTTE le telco chiuderanno, rimarrete disoccupati. Sarete dei disoccupati col telefono gratis in tasca.
Sarete felicissimi quando avrete la vostra auto elettrica gratis. Sarete meno felici quando , compreso l’indotto, rimarranno a casa altri 6 milioni di lavoratori in Europa, piu’ i benzinai, piu’ le officine di ricambi. Ne avrete una sola. Americana. Quando l’auto si rompe lo segnala ad un sistema di “industrial internet ” , che produce il pezzo e ve lo manda. Nel tempo, ve lo manderanno prima che si rompa. (http://www.ge.com/stories/industrial-internet)
Ovviamente, oltre ai vostri soldi prenderanno anche quelli del governo USA, cui l’automobile comunichera’ la sua posizione, e l’identita’ dell’autista e delle persone a bordo. Qualche altro miliardo non fa male.
Se non si svegliano, e oggi solo DUE leader europei sembrano aver capito il gioco (Una e’ tedesca, l’altro e’ francese) , non solo l’ Italia, ma l’intera Europa perderanno l’intero manufatturiero, schiacciato dal “gratis” americano.

Gli americani useranno la FED come finanziatore per merci e servizi GRATIS. A questo si aggiungera’ lo spionaggio che regalera’ altri soldi, per avere i dati da servizi e prodotti. Questo implica, nel lungo termine, la scomparsa totale di OGNI azienda che non sia americana.
Gli americani inonderanno di servizi e prodotti GRATIS o sottocosto il mercato, al solo scopo di eliminare ogni industria e ogni grande azienda che non sia americana.
I primi a subire questa cosa sono i “Tier-1″ telco. Ovviamente, l’attacco parte laddove l’abitudine al “gratis” e’ forte. Ma gia’ dei middle manager – con cui parlo- sono al corrente del pericolo nel mondo automotive. Qualcuno ha gia’ paura nel mondo della produzione di aerei civili: gli USA vogliono essere l’unico paese con un’aereonautica.
In tutti i settori ove gli USA vogliono restare leader, si stanno concentrando i soldi stampati dalla FED, sotto forma di finanziamenti che di fatto sono a fondo perduto, il cui scopo e’ di offrire prodotti e servizi GRATIS, al cui scopo ultimo c’e’ la cancellazione di ogni altra industria concorrente.
Per questo e’ necessario bloccare, con urgenza assoluta, l’accordo di libero scambio UE-USA. Se succedera’, diventeremo tutti dei barboni col cellulare in tasca, (gratis), che cercano disperatamente un lavoro girando su un’auto (gratis) , ma non sapremo ancora come mangiare oggi. Anzi, forse per un pochino – in modo da distruggere l’agricoltura europea – vi daranno il cibo gratis, come fa Dropbox, gratis sino a due GB. Allora vi daranno cibo gratis, diciamo sino una volta a settimana. Quel tanto che basta a sopravvivere.
Inizialmente le masse gioiranno di tutta questa roba gratis, gioiranno cosi’ tanto che non vedranno le fabbriche europee chiudere tutte, una ad una. Perche’ McDonald’s vi dara’ il cibo gratis, a patto che qualcuno sappia cosa mangiate e dove e quando. Quindi , magari, all’inizio non sentirete neanche la fame.
Poi quando voi scoprirete che mangiate merda – gratis – da McDonald’s , che guidate un’auto elettrica di merda – ma gratis – che vestite con vestiti riciclati – gratis – vi chiederete se per caso non potreste avere di piu’. Vedrete i ricchi del mondo che mangiano meglio, che guidano auto migliori, che vestono meglio, e allora, nella DIFFERENZA tra poveri che vivono di merda ma gratis, e ricchi che hanno tutto, capirete che non potete permettervi piu’ nulla se non la merda che il convento passa gratis. Allora cercherete un lavoro per guadagnare di piu’, e scoprirete che il gratis ha distrutto OGNI azienda.

C’e’ qualche settore al sicuro? No.
La moda? Facile. Immaginate di produrre un vestito riciclabile, e di darvene GRATIS 4-5 esemplari ogni anno, a patto che poi torniate con lo scontrino dalla stessa azienda a restituire il vecchio e prenderne uno nuovo, diciamo a 30 euro, l’anno dopo. Risultato: i vestiti “veri” li avranno solo i ricchi, il 5% della popolazione. Su quella scala, il progetto va a break even in 6-7 anni. Richiede certo un investimento iniziale ENORME, ma poi il prezzo del vestito e’ solo il costo di riciclaggio. Inoltre, qualcuno che ha un NSA ci mettera’ i suoi soldi per sapere di preciso come siete vestiti, cosicche’ ogni telecamera vi possa riconoscere meglio. E tutto il vostro settore “moda” collassa in pochi mesi.
Il cibo? Oh, Mc Donald’s della situazione vi dara’ da mangiare gratis, nel senso che vi dara’ il “refill infinito”: se comprate UNA VOLTA, poi avete refill infinito (come con la coca cola nei McDonald’s USA), con un “renew” di 40 dollari al trimestre. A patto che torniate nello stesso negozio con lo scontrino ed un documento. In qualche anno, questo cancella ogni altro catering o industria alimentare. Incidentalmente, NSA paghera’ per sapere dove mangiate, e quando, e qualche azienda di assicurazioni sanitarie paghera’ per sapere cosa e quanto mangiate.
Non c’e’ limite al gratis: vi possono dare l’ Hotel gratis a patto che ritornate, e cancellare ogni settore turistico. Vi possono dare qualsiasi cosa, a patto che qualcuno paghi immensi costi iniziali, e poi venda le informazioni a qualcun altro che e’ interessato.
Non illudetevi di essere al riparo, nessun settore lo e’. Il mondo IT lo sperimenta prima perche’ e’ iniziato cosi’. Ma arrivera’ ovunque. Tutto cio’ che fate, qualcun altro lo fara’ GRATIS.
Personalmente non credo si arriverà lì, perche’ vedo qualcuno ostinatamente determinato a bloccare il trattato di libero scambio, e almeno due politici che si opporranno a questo.
E credo che presto qualche telco europea fara’ un grosso botto, manifestando chiaramente il problema, che oggi attacca soprattutto il mondo IT, schiacciato dal “gratis” americano.
Quando succedera’, verranno prese “misure straordinarie” , e non riesco ad immaginare quali.
Mala tempora currunt.

Uriel

(1) CHIUNQUE si presenti in banca senza avere un business model, per quanto famoso, NON prende una lira. Quelle finanziarie hanno semplicemente preso quel credito di twitter, di classe junk, e lo hanno rivenduto alla FED, che ha stampato dollari per pagarlo. Il mercato non c’entra NIENTE.

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Primo commento: …e poi dicono che il complottista è Blondet! La corona suprema del cospirazionista, ormai, spetta Re Fanelli; benvenuto, Maestà.
Il fatto è che il suo allarme è ben fondato perché gli deriva dalle sue esperienze di lavoro. Sono convinto anch’io che questo sta facendo la FED. Stampare dollari senza limiti per rovinare gli altri Paesi e popoli, è il gioco più facile. È la forma sofisticata di quella che si chiamava «moneta d’occupazione»: i nostri liberatori del 1945, stampando le Am-Lire che non gli costavano niente ma che noi «liberati» avevamo l’obbligo di accettare, compravano per niente ciò che avevamo prodotto col nostro lavoro.
Coi petrodollari comprano il greggio per niente. Così le merci cinesi, e i cinesi se ne accorgeranno: hanno Himalaya di dollari, che la FED deprezza a volontà stampandone altri. Il dollaro come valuta di riserva mondiale, equivale alla «moneta d’occupazione» – ovviamente globale.
Ora, che il progetto finale di asservimento sia quello descritto – o temuto – da Uriel, è più che probabile. Forse per Washington inevitabile.

Su una cosa il Faneli sbaglia: quando sostiene che «oggi solo DUE leader europei sembrano aver capito il gioco (Una e’ tedesca, l’altro e’ francese)», insomma la Merkel ed Hollande. Da quando lavora in Germania, questo Uriel adora la Merkel. La Merkel ed Hollande hanno protestato per lo spion aggio svergognato che il servizio americano fa sui loro telefoni, ascoltando non tanto governanti ma uomini d’affari, imprese e aziende – al chiaro scopo di rubare idee commerciali. È una protesta finta. (1)
Infatti, Angela Merkel è quella che più preme per raggiungere l’Accordo USA-UE di libero scambio: che significa sciogliere l’Europa burocratica ad egemonia tedesca, in un mercato comune americano – dove noi avremo l’obbligo di adottare le normative americane, poniamo, sugli OGM, sui vitelli gonfiati con gli estrogeni e tutte le porcate americane; dovremo accettare «il libero mercato» nella Sanità e nel sistema pensionistico (altrimenti non siamo competitivi), rinunciare ad ogni regolamentazione della finanza selvaggia come l’hanno concepita, voluta ed imposta in Usa.
Ossia assoggettare tutta la vita umana dell’Occidente alle ragioni delle rendite monetarie di Wall Street e alla sua criminalità. Anche dopo lo scandalo Datagate la Merkel punta a quello (2). E a quello arriveremo. (Usa-Ue. Merkel dice sì ad avvio trattative libero scambio)
Sì, può darsi che tra i governanti europei, e soprattutto tra gli industriali e gli amministratori delegati, corra un brivido di paura a scoprire l’immane misura dello spionaggio a cui sono sottoposti dall’alleato. Vedere come l’alleato li deruba di brevetti, idee, informazioni strategiche può essere stato, soprattutto perché lo fa’ senza scrupoli e senza infingimenti: «È per la vostra sicurezza», ci sgrida il cane da guardia della super-potenza, Cameron.
È la scoperta che l’America è ormai il super-stato canaglia, il grande criminale del mondo, ed è ormai scatenato, delinque senza limiti.
Perché dovrebbe porsi dei limiti? Bisognava fermarlo prima; già dall’11 settembre, non accettando la menzogna della versione ufficiale. Invece i nostri politici hanno taciuto quando il ministro americano ha agitato all’Onu un flaconcino pieno di talco come «prova» delle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein. Hanno dato truppe servili d’appoggio all’invasione illegale di Iraq e Afghanistan, senza dichiarazione di guerra e senza che quegli stati minacciassero gli Usa. Cari europei: avete coperto, quando non collaborato, alle torture che il superstato-canaglia faceva o vi chiedeva di fare al posto suo. Avete taciuto quando ha ammazzato persone che riteneva colpevoli di qualcosa, in tutto il mondo, colpendole dall’alto coi droni, senza processo senza giudizio e nemmeno motivazione: «Terroristi», ci assicurava, e voi ci avete creduto.
Per la «lotta al terrorismo», gli avete aperto i dati bancari di tutti i vostri cittadini, attraverso SWIFT a cui qualunque ente americano può accedere liberamente; ed ora vi scandalizzate perché vi intercettano il telefonino della Merkel?
Hanno voluto abolire la distinzione fra banche d’affari e banche commerciali – causa del crack del ’29 – e hanno voluto che fosse abolita in tutta Europa, «per legge»: e voi avete obbedito, politici, economisti, partiti di governo e d’opposizione. E come era prevedibile, s’è ripetuto il crack. E voi, zitti.
Quando hanno annunciato: «Abbiamo finalmente ammazzato Osama bin Laden e l’abbiamo sepolto in mare secondo il tradizionale rito islamico», avete bevuto anche quella. Come volete che il potere americano vi tratti? Sa di potervi far fare tutto quello che vuole.
Nel 2002, la Casa Bianca ha enunciato il suo programma criminale senza ambagi: nel documento «National Security Strategy for United States of America» (del 20 settembre), si è arrogata il diritto «all’uso della forza contro l’integrità territoriale e l’indipendenza di qualunque Stato», a suo insindacabile giudizio, considera pericoloso per i suoi interessi. E ciò, in modo «preventivo», ossia prima che la minaccia alla sicurezza Usa si concreti.
Con quest’asserzione, il superstato-canaglia ha liquidato l’ordine internazionale vigente fin dal trattato di Westfalia (1648), il più alto esito della cultura politica prodotto in Europa, lo jus publicum aeropaeum. Con quell’enunciazione, di fatto, l’America s’è svincolata dal sistema di alleanze che essa stessa aveva creato dopo la secondo guerra mondiale. Di più, da allora dichiarato ogni altro Stato «illegittimo», res nullius, terra di conquista senza diritti. Da allora la diplomazia americana non riconosce che una distinzione nel pianeta: da una parte «the US», dall’altra «rest of the world», raccorciato in sigla ROW. Una sprezzante scorciatura.
Avete accettato anche quello, politici europei. Politici? Anche voi intellettuali, politologi cittadini qualificati, opinion leaders eccetera avete accettato, fatto finta di non capire, tenuto bordone al superstato criminale. A chi cercava di avvisarvi, avete dato del complottista-antiamericano (antisemita per far buon peso), da espellere dal dibattito pubblico.
Anzi, la Merkel preme per la zona di libero scambio Usa-UE; e se la vuole lei, la vuole il governo italiano, la vuole la UE, la vogliono tutti. Dunque avrete anche l’ultimo paradiso che Uriel Fanelli ha scoperto: «Tutto Gratis». Il Paese dei Balocchi di Pinocchio, offertovi da Wall Street. Non avete più i mezzi per comprarvi lo smartphone e l’auto? Ve l’affittano, dovete solo pagare un lieve canone mensile, restare aperti alle Entità che vogliono i vostri dati personali – non è forse vero che «non avete nulla da nascondere»? Non siete terroristi, voi. Non siete evasori fiscali: e dunque, che vi intercettino pure! In cambio vi faranno avere tutto, ma non sarete più padroni di nulla.
Nel comunismo, la proprietà privata era un crimine; nell’ipercapitalismo speculativo, è una «inefficienza» sorpassata, che vi faranno passare di testa con la pubblicità: «Perché rinunciare all’ultimo modello? Ve lo diamo noi. È gratis!». Il risultato è lo stesso del comunismo: nessuna proprietà privata, significa nessuna libertà politica. Avrete tutti lo Smartphone: lo stesso. Lo stesso automezzo elettrico-ecologico. Le stesse scarpe, lo stesso vestito. Tutto americano.
È il vostro futuro.
Per i credenti: può essere l’avverarsi, in forma sorprendente e imprevista, della profezia dell’Apocalisse 13: sulla falso agnello che farà in modo che «a tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, fosse impresso sulla mano destra o sulla fronte un marchio, in modo che nessuno potesse né vendere né comprare all’infuori di coloro che portavano il marchio, cioè il nome della bestia, o il numero del suo nome».
(E adesso, pronti alla gragnuola d’insulti dell’Uriel (3). È fatto così).

1) Sulla volontà di Hollande (detto La Pera) di distanziarsi dagli americani, non è nemmeno il caso di parlare, è ridicolo. In Francia tuttavia c’è una resistenza ragionata, numerosa e sostenuta da intellettuali ed economisti contro l’euro, l’eurocrazia e gli «Stati Uniti d’Europa» – che in Germania non si è manifestata.
2) La cosa più impressionante del Datagate non è scoprire che ascoltano ed intercettano le agenzie di informazione, come Cia e NSA (dopotutto, è la loro funzione ufficiale); è che sia il corpo diplomatico americano al completo, e a tempo pieno. Hillary Clinton, da segretaria di Stato, ha dato precise istruzioni : per esempio sul captare dati informativi sui dirigenti delle Nazioni Unite, come il numero delle loro carte di credito, le loro password su internet, i loro orari di lavoro, le loro abitudini. «Sapere che un qualunque diplomatico americano che vi avvicina ha ricevuto istruzioni di procurarsi un’immagine ad alta definizione della vostra iride, o un vostro capello per fare la mappa del vostro DNA, rende ormai estremamente difficile stabilire con lui un clima di franchezza» (Paul Jorion). Susan Rice, allora ambasciatrice americana all’Onu, ha vantato pubblicamente (senza scrupoli) i risultati di questo spionaggio totale: «Mi ha aiutato a conoscere (…) la verità, a rivelare le posizioni sulle sanzioni (all’Iran. ndr) e ci ha permesso di restare un passo avanti nei negoziati». La NSA infatti ha vantato i risultati sulla rappresentanza francese all’Onu: «successi silenziosi che hanno aiutato a conformare la politica estera degli Stati Uniti».
3) Come tutti i geni matematici, è alquanto sociopatico. Basti dire che sta trasferendo il suo blog su darknet, perché «il numero dei lettori è tale da risultarmi insopportabile». Specie i « post piu’ visionari, quelli che mi espongono al rischio di essere giudicato un razzista, nazista, comunista, cattolico, satanista, e tutto quello che dicono di me». L’articolo che ho riprodotto, l’ha già spostato su darknet perché è stato troppo letto. Qualcosa di simile alla creatura nel racconto di Franz Kafka, «La Tana».

Fonte: effedieffe.com

 
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Pubblicato da su ottobre 31, 2013 in Governo sovranazionale

 

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Smascherata l’ennesima truffa sull’Olocausto

Anna Frank
Dopo le camere a gas mai trovate e gl’inesistenti ordini di sterminio, ecco l’ultima verità sulla farsa dell’Olocausto.

In minuziose ricerche i redattori di Polskaweb hanno scovato inimmaginabili frodi e con questo smascherato un complotto internazionale che gira intorno al presunto destino della famosa “Anne Frank” morta nel 1945 in un lager di concentramento nazista. Qui nella foto il padre Otto di Anne Frank circa 20 anni dopo la sua morte. Chi erano veramente i Frank? Con più di 300 Foto e ancora più informazioni convincenti del retroscena conosceremo il lato nascosto della famiglia Frank e i loro istigatori altrettanto famosi. La vera storia di Anne Frank ci aprirà anche gli occhi su ciò che sta accadendo e che è accaduto veramente nel mondo.

Incredibile: l’attrice Audrey Hepburn era Anne Frank

(POLSKAWEB NEWS) Da oggi in poi non sarà più solo un nostro segreto e di quelli che hanno organizzato e recitato questo e altri complotti mondiali: l’icona dell’olocausto Anne Frank e la star del cinema Audrey Hepburn che a quel tempo si riteneva fosse la donna più bella del mondo erano la stessa persona. I redattori investigativi Herbert E. Porsch e Iwona Schmidt che lavorano anche per Polskaweb sono riusciti ad ottenere con il loro minuzioso lavoro faticoso attraverso archivi e musei in Olanda, Stati Uniti, Svizzera, Germania, Austria, Slovacchia e Ucraina un risultato quasi incredibile: Anne Frank, la sorella Margot e la madre Edith Frank, non erano morti come è stato sempre sostenuto, nel 1945 nei campi di concentramento tedeschi, ma solo dopo molti decenni in letti dorati. E’ incredibile come la famosa Audrey Hepburn, vincitrice di innumerevoli premi, nomination e altri riconoscimenti e in funzione di ambasciatrice dell’Unicef, pur sapendo di essere stata Anne Frank, ha fatto parte senza scrupoli in questa cospirazione ai danni del popolo tedesco ed europeo. Ma la storia di Anne Frank è più di una truffa, ma è la chiave per comprendere la storia di almeno tre secoli.

Articolo introduttivo in lingua tedesca:
http://polskaweb.eu/anne-frank-audrey-hepburn-holocaust-betrug-76748483.html

Anne Frank non era ebrea
http://polskaweb.eu/die-anne-frank-verschwoerung-746486.html

Nota del blogger:
Ci dispiace non poter tradurre l’intero articolo per copyright e abbonamento.
Nei siti tedeschi si legge che 2 libri degli autori Herbert E. Porsch e Iwona Schmidt stanno per essere tradotti in varie lingue, é da sperare che arrivino anche in Italia. Nel frattempo per chi conosce l’inglese su abbonamento il primo capitolo si trova su Polskaweb.

 
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Pubblicato da su ottobre 7, 2013 in Misteri, Storia

 

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L’Algeria nel mirino imperialista

Louisa Hanoune (PT) denuncia: “L’Algeria è l’obiettivo… alcune potenze vogliono instaurare la divisione (“Sahelizzazione”) e la disarticolazione di tutti gli Stati della regione del Sahel. La stampa del Marocco informa che il governo nordamericano ha trattato, alcuni mesi fa, l’installazione di una base militare in Marocco, che ha rifiutato. La stampa interna informa che consiglieri USA hanno per mesi inquadrato, organizzato e addestrato i tuareg e altri miliziani nel nord del Mali. Hanno sposato l’avventura di Al Qaeda e del jihadismo che ha prodotto l’intervento militare francese in Mali, con minaccia diretta sul sud della Algeria. Sono gli stessi funzionari USA che armano e finanziano i seguaci della Jihad in Siria. Vogliono destabilizzare il nostro paese! Tutte le forze algerine devono respingere questa minaccia”. Louisa Hanoune ricorda che nel 2003 il presidente Bush annunciò il Piano chiamato Gran Medio Oriente (GOM), ratificato nel 2006 da Condoleeza Rice, per dividere le nazioni dell’area su basi etniche, religiose e comunitarie. Adesso, questi piani si estendono a tutta la regione del Sahel, in primo luogo all’Algeria. Lo Stato algerino si rifiuta di inviare le sue truppe in Mali o di finanziare questa guerra imperialista. Si rifiuta di rivedere le sue decisioni in materia di investimenti stranieri in Algeria: esse sanciscono che qualsiasi investimento straniero non possa superare il 49%, perché il 51% deve essere algerino. Si rifiuta di rivedere la sua opzione per le nazionalizzazioni o il diritto dello Stato algerino ad espropriare. Ribadisce il suo rifiuto a qualsiasi tipo di ingerenza esterna, come a qualsiasi suo intervento all’estero. Sono queste ragioni che hanno indotto gli USA a dislocare in Spagna, con l’autorizzazione del governo Rajoy, una forza di intervento rapido, in previsione di un caos indotto e previsto in Algeria. Nella base di “Moron de La Frontera” (Siviglia) arriveranno almeno 8 aerei militari e 500 militari delle forze speciali USA, con la missione di intervenire in Algeria per destabilizzarla (Europa press – 22 aprile 2013). Perciò Louisa Hanoune lancia un appello al governo algerino, ai partiti, alle Istituzioni del Paese, alle forze armate, ai cittadini, affinché si mobilitino contro la minaccia di intervento straniero. L’appello è rivolto anche alle Istituzioni internazionali poste a tutela del Diritto internazionale e dei popoli. L’esercito di liberazione nazionale algerino (ENL) e il popolo algerino, 50 anni fa per la conquista della indipendenza del Paese, pagarono un durissimo tributo di sangue, con un milione di morti. Questa indipendenza va difesa oggi, per non ritornare in uno stato di colonizzazione e di sfruttamento. La denuncia e l’appello del PT non è affatto isolato, altre fonti denunciano i piani imperialisti nell’area. “Intervento militare straniero in Mali: i mercenari della Nato puntano alla Siria e all’Algeria” (Fenice Europea) e ancora: “Dopo la Siria, tocca all’Algeria attraverso il Mali”. I mercenari e terroristi che hanno sostenuto gli attacchi Nato contro la Libia, dopo la caduta e la uccisione di Gheddafi, sono stati spostati in Siria, per combattere il legittimo governo di Assad, e in Mali (fronte occidentale). La sigla dei mercenari è LIFG (gruppo combattente islamico libico). Da allora si sono verificati una serie di atti terroristici in Algeria, che confina con il Mali a Sud. Questo terrorismo indotto e la conseguente repressione del governo algerino hanno lo scopo di creare caos e conflitti, come solito pretesto per un intervento esterno. Com’è noto, in Algeria si trovano importanti giacimenti di petrolio, gas e carbone; oleodotti e giacimenti minerari. Si tratta di risorse da rapinare e colonizzare, come già in altri paesi dell’area. In preparazione dell’intervento armato, Bruce Riedel (Brookings Institution), già nel 2011 aveva scritto un articolo dal titolo “L’Algeria potrebbe essere la prossima a cadere”, immaginando una destabilizzazione pilotata del Paese nel segno della “primavera araba”, cioè di una sovversione sostenuta dagli USA e dalla Nato e realizzata dai terroristi armati di Al Qaeda. La Nato, ben consapevole delle conseguenze, sta costruendo in Nord Africa e nel Vicino e Medio Oriente dei “califfati” artificiali, sostenendoli a scapito dei popoli raggirati, mentre viene resa perenne una “guerra globale” perpetrata a danno di milioni di vite distrutte, con un costo sociale ed economico incalcolabile. I “combattenti Jihadisti” sono in realtà una nuova “legione straniera” al servizio dell’imperialismo occidentale, come ai tempi del colonialismo ottocentesco.

Fonte: pickline.it

 

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Gli alberi del dissidio di piazza Taksim

Gli alberi del dissidio di piazza Taksim.

 
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Pubblicato da su giugno 23, 2013 in Uncategorized

 

Gli alberi del dissidio di piazza Taksim

Resistanbul tra manipolazioni e rivendicazioni. Da protesta ecologica contro un piano urbanistico, a rivolta di dimensioni colossali che si sta rapidamente espandendo a tutta la Turchia. Poteva l’amministrazione di Istanbul immaginare il vespaio che avrebbe provocato la proposta di un nuovo assetto per piazza Taksim?

Piazza Taksim, Istanbul, 11.06.2013. La polizia lancia gas lacrimogeni e getti d’acqua per disperdere i manifestanti. Foto Bulent Killic/Getty. Fonte: http://darkroom.baltimoresun.com

Il progetto prevedeva la ricostruzione di una caserma ottomana del 1800, che avrebbe dovuto ospitare prevalentemente un centro commerciale, e in parte un centro culturale. Ultimamente si vocifera anche che gran parte del polmone verde del parco Gezi, ospitato nella piazza, avrebbe dovuto essere sacrificato. L’abbattimento degli alberi del parco è ben presto assurto a simbolo dell’abbattimento dei pilastri della democrazia turca perpetuato dal premier Recep Tayyip Erdoğan e del suo governo islamo-conservatore, almeno nella percezione dei manifestanti. Erdoğan è al suo terzo mandato come primo ministro, per oltre dieci anni di governo assieme al partito AKP (conosciuto anche come “Giustizia e Sviluppo”) da lui fondato nel 2001. Un uomo che da sempre si batte per i diritti dei musulmani, come la rimozione del divieto di indossare il velo islamico in tribunali ed università. Nel 1999 scontò un periodo in prigione, con l’accusa di incitamento all’odio religioso e razziale per aver recitato i versi di una poesia in pubblico. I protestanti manifestano contro un’erosione costante e progressiva dei diritti del popolo turco, in un’ottica di integralismo islamico. Ripercorriamone assieme alcune tappe. Il 24 maggio viene reso effettivo il divieto di pubblicizzare alcolici, unitamente ad una forte limitazione delle vendite di questi prodotti, da ora vietata tra le 22 e le 6 di mattina. Le compagnie del settore saranno costrette ad apporre avvisi riguardanti i pericoli per la salute sul packaging, e i venditori al dettaglio non potranno esporre le bottiglie. Sempre nel mese di maggio, le hostess della Turkish Airlines avevano dovuto eliminare rossetti e  smalti per unghie rossi dalle loro trousse; la compagnia aerea, detenuta al 49% dallo Stato turco, aveva poi dovuto recedere il divieto a causa delle numerose proteste. Le effusioni in pubblico, per quanto non ufficialmente vietate, sono fortemente sconsigliate da un imperativo morale. E l’azienda dei trasporti pubblici cittadini, che grazie ad un comunicato diffuso a fine maggio in cui richiedeva agli utenti di mantenere un comportamento “conforme alle norme morali”, ha scatenato una protesta a suon di baci alla stazione Kurtulus della metropolitana di Ankara.

Il premier turco Erdogan

I giovani turchi, cosmopoliti e istruiti, non subiscono in silenzio. “We will not be oppressed!” urla in lettere maiuscole un annuncio a tutta pagina pubblicato sul New York Times, per iniziativa di tre privati turchi. Giovani che sanno come usare il web e i nuovi media: i 53.800 dollari necessari per l’annuncio sono stati raccolti tramite il sito Indiegogo. Erdoğan nel frattempo se la prende con Twitter e Facebook: l’emittente televisiva privata Ntv riferisce l’arresto di cinque manifestanti ad Adana e di 34 arresti a Smirne, con l’accusa di aver organizzato le proteste degli ultimi giorni con messaggi postati su tali media. Ma d’altra parte, i social network sopperiscono alle mancanze dei media ufficiali della Turchia, che disdegnando largamente la copertura degli scontri non vengono incontro alle esigenze di informazione. È diventato ormai leggendario il documentario sui pinguini mandato in onda dalla CNN Türk la sera del primo grande scontro, il 31 maggio. E quando invece provano a parlare della rivolta, cercano di creare una percezione distorta delle sue dimensioni e importanza. Basta leggere i titoli in prima pagina su turkishpress.com per rendersi conto di come la stampa turca stia gestendo la situazione: viene sottolineata una natura “vandalica” dei protestanti, a cui si appella il premier turco, e delle morti causate dagli scontri si nomina solo quella di un capo della polizia, a mano di “rimostranti illegali”. Nessun accenno agli altri due morti, un giovane attivista dell’opposizione, colpito da un proiettile partito da un blindato della polizia, e un altro manifestante investito da un taxi. Oltre 3.000 i feriti, secondo dati della Turkish Medical Association, ma il numero aumenta di giorno in giorno. Ancora da confermare invece la notizia del decesso di un ragazzino di soli 13 anni, riferita da un reportage della Stampa, che colloca l’avvenimento nella notte tra il 7 e l’8 giugno. Fin dall’800 però la nozione di rivoluzione è stata avvolta da un’aura romantica, che impedisce di essere completamente lucidi nel valutarne le reali motivazioni. Non molti riescono ancora a negare come il presidente USA George W. Bush abbia orchestrato la guerra in Iraq, millantando armi di distruzioni di massa mai trovate. Per non parlare dell’ingerenza occidentale nella rivoluzione libica, e la rapidità con cui Gheddafi, da grande amico, si era trasformato in indiscusso dittatore. Dittatore: già si sente questa parola serpeggiare in Turchia, riferita al premier Erdoğan. In che misura gli scontri sono l’effetto di legittime richieste del popolo di avere un governo meno influenzato dalla religione, e in che misura intervengono interessi esterni? I moti di piazza Taksim potranno anche essere totalmente spontanei, come testimonia il giornalista e attivista politico Avigdor Eskin, ma una manipolazione più sottile del quadro generale non è da escludersi. Alcuni già puntano il dito contro il magnate George Soros, fondatore di numerosi progetti filantropici e dichiarato sostenitore e finanziatore di gruppi pro-democrazia. Soros non nega la parte che ha svolto nel sostenere i movimenti che hanno destabilizzato l’Est Europa nei decenni passati. Già nel 2011, Lisa Graas del David Horowitz Freedom Center evidenziava “l’influenza manifesta” di Soros in Turchia tramite la sua Open Society Foundation, per quanto il miliardario neghi. Secondo il giornalista e scrittore Richard Poe, ogni volta che Soros cerca di destabilizzare un’area applica lo stesso schema, composto da sette punti. Siamo già al sesto punto, l’occupazione delle strade; se lo schema funziona, il prossimo passo prevede le dimissioni di Erdoğan per timore di un intervento NATO. NATO che è già presente in maniera massiccia sul suolo turco, soprattutto dopo l’inizio della guerra civile in Siria. Fin dal suo inizio, il governo turco si era schierato tra gli oppositori  del regime di Assad. Con atteggiamento ostile, il premier Erdoğan aveva previsto la caduta del regime siriano ad opera dei ribelli (l’ironia della sorte!), permettendo l’attivazione di una base NATO ad Incirlik, nel sud della Turchia e ospitando squadre della CIA per controllare l’invio di materiale bellico, fornito da Arabia Saudita e Qatar, come espongono più articoli del New York Times [vedi qui e qui, ndr]. Una presenza ingombrante, insomma, che Erdoğan farebbe bene a tenere d’occhio, considerato anche che Joe Biden , sollecitando Erdoğan a rispettare i diritti degli oppositori, ha affermato: “Il futuro della Turchia appartiene al popolo turco e a nessun altro. Ma gli USA non possono rimanere indifferenti.” Il governo turco sta già strumentalizzando a proprio favore una possibile ingerenza straniera nelle rivolte, che sarebbero causa di “estremisti venuti dall’estero”, a detta del primo ministro turco. Si parla di “spie” di una cospirazione internazionale, catturate tra i manifestanti. Ma è facile dare la colpa unicamente a cause esterne, cadendo nel complottismo gratuito, quando basterebbe aprire un dialogo e fare alcune piccole concessioni. “Nessun governo sopravvive contro il volere del suo popolo,” aveva detto Erdoğan prima della caduta di Mubarak in Egitto. “L’esecutivo ha imparato la lezione – promette il vice primo ministro Bulent Arinç – Non abbiamo il diritto di permetterci di ignorare la gente.” Ma anche se i capi dei governi occidentali tirano un respiro di sollievo, Arinç precisa che le scuse sono rivolte unicamente agli ambientalisti, non ai manifestanti politici. Kadir Topsas, sindaco di Istanbul, ha riconfermato la volontà di ricostruire l’antica caserma ottomana del parco Gezi, ma se non altro – sembra – il progetto si è liberato della prospettiva di un centro commerciale al suo interno. Il fronte dei rivoltosi è frammentato, e manca di organizzazione: due buoni motivi per supporre una conclusione dei moti prima che portino a qualcosa di più grande, a meno che non ci metta lo zampino qualche potere. In ogni caso, i giovani della rivolta ispireranno i giovani di Egitto e Tunisia, dove gli islamisti, ispirandosi al modello turco, sono riusciti a vincere le elezioni. Modello che a quanto pare non era sufficiente per garantire la stabilità.

L’anno prossimo, a marzo, in Turchia sono previste le elezioni; se Erdoğan riuscirà a rimanere in carica fino ad allora, non sembra molto plausibile una sua rielezione, per quanto per adesso goda ancora di buona popolarità. La gente non ha ancora del tutto dimenticato i risultati economici da lui ottenuti negli ultimi dieci anni.

 

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Turchia: pugno duro Erdogan, polizia espugna Gezi Park

 

Riesplode la tensione in Turchia, dopo che ieri sera il premier Recep Tayyip Erdogan ha ordinato alla polizia di prendere d’assalto Gezi Park, sgomberando con la forza l’ultima ridotta a Istanbul della protesta anti-governativa che aveva visto scendere in piazza nei giorni scorsi in tutto il paese decine di migliaia di giovani.
Centinaia di agenti anti-sommossa, appoggiati da mezzi blindati e idranti, sotto una raffica di candelotti lacrimogeni, alle nove di sera hanno attaccato la cittadella costruita dagli ‘indignados’ turchi nel parco, la cui distruzione annunciata aveva scatenato due settimane fa le prime proteste.
La feroce repressione della polizia aveva poi esteso a tutto il paese la ‘rivolta’, trasformandola in contestazione contro il potere autoritario di Erdogan. Poco prima del blitz nel parco simbolo della rivolta anti-Erdogan dei giovani turchi, davanti a decine di migliaia di sostenitori convocati ad Ankara dal suo partito islamico Akp il premier aveva lanciato un ultimatum agli occupanti di Gezi: intimando loro di andarsene subito, altrimenti la polizia avrebbe saputo “cosa fare”.
Due ore dopo l’assalto. Gli agenti sono intervenuti con estrema brutalità. Ci sono stati numerosi feriti e arresti, hanno riferito diversi manifestanti su twitter. Al momento dell’attacco nel parco c’erano, stando alle immagini di Halk tv, anche diversi bambini, alcuni dei quali a loro volta feriti. Un giovane sarebbe stato investito da un blindato della polizia e pare grave. Ferita, da un proiettile di gomma, anche la giornalista russa Aleksandra Bondarenko, della tv Russia Today (Rt).
Le ambulanze, secondo i dimostranti, non sono state autorizzate a entrare nel parco, dove gli agenti si sono accaniti tra l’altro sull’infermeria e sui medici. L’accesso a Gezi è stato vietato anche ai giornalisti. Subito dopo la conquista della zona da parte delle forze anti-sommossa, sono entrate in azione le ruspe della polizia che hanno iniziato a smantellare tende e strutture costruite dagli ‘indignados’.
Il blitz ordinato da Erdogan riaccende la tensione nel paese: a tarda sera in migliaia sono tornati a radunarsi su uno dei viali di accesso verso Taksim, oltre il ponte sul Bosforo, dove sono state erette barricate e si segnalano nuovi scontri con la polizia. Migliaia in piazza pure ad Ankara. La piattaforma Taksim, che riunisce i 116 movimenti della protesta, ha convocato una manifestazione oggi pomeriggio a Taksim, proprio mentre il partito di Erdogan terrà un secondo comizio, che spera di trasformare in una oceanica prova di forza dei suoi sostenitori, sempre a Istanbul. Su twitter i manifestanti denunciano intanto la brutalità delle forze di polizia e auspicano che oggi a Taksim ci sia un milione di oppositori.
ATS

 
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Pubblicato da su giugno 16, 2013 in Uncategorized

 

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Questa é follia, é guerra contro le persone

16 giugno 2013

Pubblicato da

di Helena Janeczek

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Egemen Bagis, il ministro turco per gli affari con la UE, ha annunciato ieri sera che chiunque si avvicinerà a piazza Taksim sarà «trattato dalla polizia come un terrorista». La dichiarazione sembra un avallo ex post dello stato della repressione già in atto. Le testimonianze, i video e le foto da Istanbul parlano di ustioni e piaghe causate da sostanze chimiche mischiate all’acqua degli idranti, di attacchi alle strutture di pronto soccorso, di due pesantissime irruzioni con lacrimogeni nel lussuoso Hotel Divan, rifugio per feriti e manifestanti del vicino parco Gezi. Bambini sanguinanti, un uomo travolto da una camionetta della polizia antisommossa. Impedimenti per giornalisti (anche stranieri) e personale medico di accorrere alle zone degli scontri. Traghetti e ponti sul Bosforo bloccati per chiudere l’afflusso dei manifestanti dalla parte asiatica della città. Legge marziale, in pratica. La leader del verdi tedeschi Claudia Roth, intrappolata nell’Hotel Divan dopo lo sgombero di Gezi, ustionata in volto dai lacrimogeni (o da altro), ha parlato di follia, di guerra contro i cittadini. La Turchia è nota per le sue violazioni dei diritti umani però non è l’Egitto di Mubarak o l’Iran dove ieri, al primo turno, è stato eletto presidente Hassan Rohani, il più moderato degli ayatollah ammessi alla competizione. È una democrazia – con molte tare ma non un’innegabile “democratura”: tant’è che le

manifestazioni più che pacifiche contro il progetto di costruzione di un centro commerciale sul luogo del parco Gezi mostravano, al principio, una grande consonanza con le proteste diffuse nelle cosiddette democrazie avanzate: da Stoccarda alla Val di Susa. E mostrano pure inquietanti analogie nell’impiego sproporzionato della repressione poliziesca; per quanto ciò che sta accadendo in Turchia – cinque morti accertati, quasi un centinaio di avvocati arrestati ecc.- sia sinora il peggio. Ma prima, dopo e durante Occupy Gezi, nelle ultime due settimane è avvenuto questo: Il 1° giugno a Blockupy Francoforte, la protesta contro le politiche BCE, la testa del corteo autorizzato è stata accerchiata e tenuta per ore sotto scacco. L’uso massiccio di spray urticanti e di manganelli ha causato ca 300 feriti, alcuni piuttosto gravi. Anche in quel caso diversi volontari sanitari parlano di impedimenti a prestare soccorso. In Italia la sentenza assolutoria per la polizia sulla morte di Stefano Cucchi è arrivata in contemporanea con le teste lacerate degli operai e del sindaco di Terni in corteo contro la chiusura dell’acciaieria. Mentre in Turchia partiva lo sgombero di piazza Taksim e parco Gezi, la Cassazione ha confermato, riducendo i risarcimenti alle parti lesi, della sentenza su Bolzaneto e le violenze alla scuola Diaz. A ridosso di tutto questo, si è scoperto il gigantesco programma di spionaggio “Prism” voluto da Obama, il governo greco ha deliberato la chiusura della tv e radio di Stato ERT, arrivando a chiudere il segnale nel giro di poche ore e mandando la polizia antisommossa a difendere la propria decisione. A Saõ Paolo del Brasile, paese economicamente emergente al pari della Turchia, la protesta per l’aumento dei prezzi del trasporto pubblico ha causato una repressione poliziesca molto dura, con 250 arresti e 50 feriti. L’eccesso di impiego della forza di polizia è una ormai una costante planetaria – in tutta Europa come a New York e negli Usa – e questo sia nel caso che vi sia stata violenza da parte dei manifestanti sia quando le pratiche di resistenza passiva sono state portate avanti senza alcun cedimento. Ma rappresenta soprattutto una costante che tutte queste proteste nascono dalla volontà popolare di difendere dei beni comuni (lo sono sia gli alberi dei parchi e le valli subalpine che i biglietti degli autobus) o di arginare il potere di poteri sottratti al controllo democratico, come le istituzioni bancarie e monetarie. Non c’è nessuna volontà di sovvertimento rivoluzionario-  eppure i governi democratici di vario stampo e colore politico difendono a forza di lacrimogeni, manganelli o proiettili di gomma i “flussi” (ossia gli interessi mobili e flessibili) contro i “territori” (e la gente che ci abita), come Marco Revelli cerca di circoscrivere questa nuova forma del conflitto ai tempi della globalizzazione e della sua crisi. Oggi a Istanbul le proteste cercheranno di dirigersi nuovamente verso i luoghi tabù sgomberati e, visto che è stata indetta pure una manifestazione pro-Erdogan e in molti quartieri nella notte si sono erette barricate, la giornata potrebbe evolversi in modo assai peggiore di ieri. Finora non sono arrivate critiche decise né dall’Unione Europea, né da Barack Obama, entrambi vincitori di un Premio Nobel per la Pace che appare sempre più tragicomico. Barbara Spinelli, riferendosi principalmente a “Prism”, ha parlato di ostilità dei governanti e di “paura del popolo”. Il popolo, ovunque esso si trovi, sta incontrando sempre più motivi per ricambiare.

Ps. Mi sono certo dimenticata qualche voce del triste elenco. Ma non dimentico di segnalare questa lettera bellissima di Gianluca d’Ottavio che vive a Istanbul e si occupa di turismo.

Pps. L’immagine sopra ritrae la polizia mentra da fuoco all’albero del Parco Gezi nel quale gli occupanti avevano iscritto i loro auspici e desideri.

 
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Pubblicato da su giugno 16, 2013 in Uncategorized

 

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Video

Zeitgeist

Una serie di video da risveglio societario

 

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Giorgio Napolitano, traditore del PCI e servo della CIA

Salvatore Tamburro – http://salvatoretamburro.blogspot.it/2013/04/giorgio-napolitano-traditore-del-pci-e.html

Con 738 voti, il 20 aprile 2013, due terzi della casta politica ha votato come Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, confermando al Colle un uomo di 88 anni (che secondo il mandato settennale resterebbe in carica fino a 95 anni…alla faccia del rinnovamento della classe politica).

Ma chi è veramente Giorgio Napolitano?
Egli è un uomo che ha sempre cambiato i suoi ideali all’occorrenza, da sempre servile ai poteri forti americani e filo-israeliani, presente ed ossequioso ovunque ci fosse un potere da servire.

Singolare in termini di contraddizioni il fatto che il 9 maggio 2010 fu premiato con il Premio Dan David (Fondazione israeliana che premia personalità che abbiano espresso ammirazione per Israele e per l’ideologia sionista) con questa motivazione: “…per il suo coraggio e integrità intellettuale che sono stati fondamentali nel guarire le ferite della Guerra Fredda in Europa, così come le cicatrici lasciate in Italia sulla scia del fascismo”; proprio lui che in gioventù militava nei G.U.F. (Gruppi universitari fascisti).
Dopo essersi finto difensore della classe operaia e dell’ideologia comunista ha capito fin da giovane che poteva essere l’uomo giusto al posto giusto: un insider-man, utile agli americani in funzione anti-comunista e per agevolare l’imperialismo americano in Europa ed in Italia.

L’ascesa politica di Napolitano si ebbe nel 1953 quando fu eletto deputato nel PCI e poco più tardi si unirà alla corrente migliorista (interna al PCI) di Giorgio Amendola, uomo liberale, antifascista e massone. Una ideologia, quella dei miglioristi, profondamente anti-marxista che portò Amendola e Napolitano a mettersi al servizio di organizzazioni come l’Istituto di Affari Internazionali di Gianni Agnelli e il Council for Foreign Relations di Rockfeller.

Nel 1975 Napolitano strinse anche relazioni con Antonio Nigro, il quale ottenne grossi finanziamenti dalla Fondazione Rockefeller e dalla Fondazione Ford allo scopo di convincere i comunisti ad attraversare un lungo processo di democratizzazione (leggasi “americanizzazione”).
Napolitano ebbe diversi incontri anche con Henry Kissinger, considerato l’uomo-ombra del governo americano e il rappresentante politico dell’ideologia basata sul Nuovo Ordine Mondiale. “L’arrivo al potere dei comunisti – si legge in un documento interno del Fco – costituirebbe un forte colpo psicologico per l’Occidente. L’impegno Usa verso l’Europa finirebbe per indebolirsi, potrebbero così sorgere tensioni gravi fra gli americani e i membri europei della Nato su come trattare gli italiani”. A Londra Henri Kissinger discutendo la situazione italiana con il nuovo Ministro degli Esteri inglese Antony Crosland fa delle rivelazioni sconvolgenti: “La questione dell’obbedienza del PCI a Mosca è secondaria. Per la coesione dell’occidente i comunisti come Berlinguer sono più pericolosi del portoghese Cunhal”.

Nel 1978 Napolitano, su invito del neo-conservatore americano, Joseph La Palombara, è ospite del Council on Foreign Relations (organizzazione che si occupa di strategie globali per conto di importanti famiglie di banchieri come i Rockefeller, i Rothschild e i Morgan) e lì dichiarerà fedeltà alla N.A.T.O. .
Bisognava adesso dare il colpo di grazia al PCI: fu nel 1980 che si posero le basi per una delle operazioni più importanti della CIA: lo stratega Duane Clarridge dà inizio all’operazione chiamata “soluzione finale” e da lui definita “una delle operazione più azzardate della sua carriera: un accordo segreto tra la CIA e il PCI”. Attraverso azioni non violente, ad esempio creando una equipe di tecnici neo-liberisti all’interno di un partito “non allineato” all’ideologia capitalista americana, la CIA riuscì a penetrare nella gestione del PCI. Il cerchio si era finalmente chiuso: alla morte di Enrico Berlinguer nel 1984, come segretario del PCI venne eletto Alessandro Natta ma Napolitano, forte della protezione degli Usa, da lì a poco avrebbe dato il colpo di grazia al partito.

Qualora gli ultimi trent’anni di storia politica non bastassero a rappresentare Napolitano come traditore del PCI, nonchè uomo al servizio dell’imperialismo americano e del potere filo-bancario, ricorderei le recenti manomissioni di alcuni importantissimi articoli della Costituzione, manomissioni da lui avallate e controfirmate, tra tutte l’articolo 81 della Costituzione che il 18 aprile 2012 ha introdotto il pareggio di bilancio, obbligando di fatto lo Stato alla schiavitù delle politiche di austerità, tanto care all’imperialismo-capitalistico americano ed europeista, il tutto secondo i piani dell’ideologia mondialista, rendendo al tempo stesso le teorie keynesiane (basate, invece, su una politica monetaria espansiva che darebbe slancio all’economia) di fatto incostituzionali.

Attraverso la complicità di personaggi come Napolitano, Monti e probabilmente anche Amato al governo italiano l’imperialismo americano potrà continuare ad dominare indisturbato sulla politica e sull’economia nazionale, portando avanti tutti gli obiettivi previsti nella scaletta mondialista: accentramento dei poteri nelle mani di organizzazioni sovranazionali (unione politica europea, B.C.E., F.M.I., W.T.O.) non elette democraticamente da alcun cittadino; politiche basate sull’austerità che stanno conducendo alla recessione economica; drastico aumento della disoccupazione; impoverimento delle classi sociali, riduzione delle nascite e, quindi, riduzione della popolazione

 

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